Scherma, che passione!

Ormai pratico da più di 7 anni la scherma, è uno sport affascinante ed elegante.Ho iniziato quando ero piccolo ma si può benissimo cominciare a qualsiasi età e continuarlo per quanto si vuole al contrario di sport come il calcio e il basket che arrivati ad una certa età è sconsigliato continuare a causa dell’alto rischio di farsi male.Nella scherma non bisogna essere alti e forti fisicamente per vincere, il segreto sta nell’imparare alla perfezione tutte le tecniche.Come sport non è molto faticoso, infatti lo pratico soprattutto perché mi piace e nei i giorni liberi pratico nuoto o palestra in modo da potenziarmi fisicamente.A causa del Covid-19 non ho potuto partecipare alle competizioni nazionali e regionali organizzate dalla FederScherma ma spero che quest’anno potrò allenarmi di più e piazzarmi in alto al ranking nazionale.La scherma è uno sport che pratichiamo quasi tutti in famiglia a parte mia madre e spero che nel futuro anche i miei figli si appassionino ad essa. Nella scherma ci sono tre categorie: spada, sciabola e fioretto; la differenza tra i tre sta nel come e dove si può colpire con la spada. Nella spada si può colpire solo di punta in tutto il corpo, nel fioretto si può colpire di punta solo nel petto e nella sciabola si può colpire sia di punta sia di lama solo nel petto e alla testa. Io personalmente preferisco la spada che tra tutte è quella che assomiglia di più alle armi del passato, oltre ad essere quella più rappresentativa del duello sul terreno.La scherma inoltre è una disciplina olimpica che consiste nel combattimento tra due contendenti armati di spada, fioretto o sciabola, negli incontri dei gironi si arriva a 5 punti, nelle eliminazioni dirette si arriva a 15.Il mio maestro di scherma, Giovanni Lodetti, mi ha insegnato ad essere il più elegante e pulito nelle azioni schermistiche e grazie ai suoi consigli e alle sue lezioni sono riuscito a classificarmi bene in molte gare.Il mio “periodo d’oro” è iniziato durante i GPG a 13-14 anni quando nella gara nazionale di Ravenna e sono riuscito a battere gli atleti più forti posizionandomi 8^ su più di 300 persone.Da quel giorno ho sempre ottenuto buoni risultati.Sono stato anche invitato a molti CAF (allenamenti federali con i migliori del ranking della Lombardia) e sono stato invitato a Formia nel centro di preparazione olimpica per una settimana con i più forti di Italia della categoria Cadetti. Infine ho ricevuto una medaglia dal presidente Giorgio Scarso per il progetto “incentivazione allo studio 2018” a Roma presso l’aula magna del centro di preparazione olimpica Giulio Onesti.La scherma è il mio sport è una delle mie più grandi passioni.
Alessandro Poma 3 LS
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Riflessioni sull’obesità e l’anoressia

Il cibo in questi anni è un tema molto sentito soprattutto dagli adolescenti come me, spesso infatti ci si basa sull’aspetto fisico per essere accettati dagli altri ma, nonostante ciò, molti ragazzi sono anoressici o obesi. L’alimentazione è un discorso molto sentito da noi giovani sportivi, essa è alla base del miglioramento e anche di un buon fisico utile anche per la preparazione atletica. In Italia, come in tutti i paesi dell’occidente, da una parte vengono buttate via tonnellate di cibo che potrebbero essere utilizzate per salvare centinaia di migliaia di vite umane, dall’altra il fenomeno dell’obesità è in continuo aumento come i disturbi alimentari che portano all’anoressia.L’obesità è il fenomeno più evidente segno di una cattiva educazione alimentare; quante volte ci siamo detti che dobbiamo metterci a dieta o che dobbiamo dimagrire, penso che tutti almeno una volta nella vita l’abbiano detto. Io da quando seguo una nutrizione corretta mangio più del doppio di quanto mangiassi prima, solo che adesso mangio molto meglio e più distribuito durante la giornata. L’anoressia invece è un problema che si presenta in maniera meno evidente perché il dimagrimento è progressivo e chi ne è colpito tende a nascondere il suo problema. L’anoressia può portare alla bulimia che è un comportamento tenuto da quelle persone che non riescono a trattenersi dal mangiare moltissimo e senza freno. L’anoressia sembra un comportamento opposto ma che a volte si presenta con dei veri e propri digiuni alternati ad abbuffate che poi portano la persona a provocarsi il vomito di nascosto. Questi comportamenti non sono per niente da sottovalutare dato che molte ragazze sono affette da questo problema che porta a disagi fisici e psicologici molto seri e difficili da curare. Alcuni dati dicono che circa il 90% delle persone affette da anoressia sono le ragazze tra i 15 e i 25 anni perché, a parer mio, sono quelle che si fanno più problemi sull’aspetto fisico. Io personalmente ho sentito storie di ragazze di 16 anni che hanno smesso di mangiare per dimagrire oltre dieci chili, dopodiché hanno avuto bisogno di essere ricoverate in cliniche specializzate per il recupero delle persone anoressiche.Oltre alle conseguenze sulla salute, l’obesità e l’anoressia hanno un’influenza negativa sulla relazione con gli altri. Le persone che non accettano il proprio corpo si sentono giudicate non normali e spesso sono colpite da bullismo o vengono escluse da certe attività come quelle sportive. Anche se io credo che lo sport possa invece aiutarle a trovare un equilibrio e riconquistare sia la forma fisica che il benessere psicologico, senza i quali non si può stare bene con gli altri.Se dovessi dare un consiglio ai giovani della mia età che per caso si trovassero nelle condizioni di rischio obesità o anoressia, cercherei di convincerli che non bisogna seguire modelli sbagliati, che una buona attività fisica e un aiuto del nutrizionista è utile per ritrovare un buon equilibrio. Infine ritengo importante che ognuno pensi con la propria testa e non si faccia influenzare da modelli sbagliati. Stare bene con se stessi è una conquista che consente di stare bene con gli altri, scegliere le persone “giuste” ed essere disponibili a lottare per raggiungere dei risultati consente anche di trovare amicizie vere, rispettose e incoraggianti.

Giosuè Badolato 3 LST

Gatti: sono davvero poco affettuosi?

Spesso si sente dire che adottare un gatto come animale domestico non darebbe soddisfazione perché poco affettuoso, non affezionato al padrone e che spesso combina guai, ma è davvero così? Ogni micio ha un diverso carattere e temperamento, proprio come noi umani e proprio per questo non si può basare la propria opinione su questo simpatico amico a quattro zampe su una diceria come questa.Sono sicuramente degli animali indipendenti e non troppo bisognosi di cure, ciò li rende perfetti per chi vuole compagnia in casa ma senza avere troppe responsabilità e senza dover dedicare parti delle proprie giornate ai bisogni primari del proprio animale, anche sotto alla pioggia e alla neve. Nonostante siano tendenzialmente indipendenti, hanno molto bisogno di affetto e di coccole, dipende poi dal temperamento e dalla storia precedente all’adozione di ogni micio la frequenza con cui vi sarà richiesta la totale attenzione e tutto l’amore di cui disponete. Amano dormire nei posti e nelle posizioni più strane ma tutto questo li renderà solo più carini e tutti da mangiare ai vostri occhi. Nonostante siano animali abbastanza sedentari, adorano seguire con lo sguardo lucine led, rincorrere zanzare (può tornare utile in estate), cercare di acchiappare qualsiasi filo che trovano e correre per tutta la casa portando un po’ di felicità. La gioia potrebbe moltiplicarsi nel momento in cui decideste di adottare due fratellini o comunque due mici che potrebbero tenersi compagnia a vicenda rincorrendosi e giocando tra di loro.Vi si scioglierà il cuore quando sentirete le vibrazioni del loro piccolo ventre causate dalle fusa che emetteranno per dimostrarvi quanto sia stato comodo nella metà del vostro letto di cui si è appropriato nella notte precedente.Al vostro amico a quattro zampe basterà qualche scatoletta di pesce, qualche crocchetta e un posto comodo in cui accoccolarsi per essere innamorati di voi al 100%.

Antonella Noviello, 3’ LSA

L’amicizia

Sembrerebbe una scelta poco originale, ma a costo di sembrare scontato prendo il rischio di parlare di amicizia, perché in fondo gli amici sono persone che ti vogliono bene e che ti stanno accanto, anche se non sempre ci possiamo fidare di loro. L’amico é colui che ti rimane sempre vicino , che ti apprezza per ciò che sei e non ti esclude mai. Purtroppo l’amicizia non sempre é ricambiata; capita a volte di ritenere amico qualcuno che però parla male di te alle spalle o non ti apprezza per ciò che sei. Secondo me il vero amico è una persona sempre disponibile, che anche se ti conosce da poco, sa starti accanto. Certe volte c’è bisogno di costruire le amicizie e sapersi comportare in modo adeguato ai differenti interlocutori, giacché gli amici non sono tutti uguali e i rapporti cambiano in base all’atteggiamento che una persona può avere nei tuoi confronti. Nell’amicizia é fondamentale la reciprocità e ciò la rende tendenzialmente selettiva. É fondamentale anche valutare le frequentazioni dei nostri amici per capire con chi probabilmente si entrerà in contatto, secondo il famoso detto “gli amici dei miei amici sono miei amici”, cercando di evitare di intraprendere amicizie potenzialmente dannose, come quelle con ragazzi che ignorano le leggi e si sentono più grandi o superiori degli altri. In conclusione possiamo dire che un amico é una persona che conosci da tempo, ti vuole bene , ti apprezza per quello che sei e farebbe tutto per te. Un esempio per tutti noi è Willy, ragazzo morto per proteggere l’amico da bulli che poi è stato atrocemente massacrato e che è il vero motivo per cui ho scelto di scrivere sull’amicizia.

Domenico Manzari, 3’ LS

Cos’è davvero il basket

A differenza del calcio, il basket non è conosciuto da tutti e solo chi lo pratica sa amarlo davvero. Da alcuni è considerato lo sport più bello del mondo.Il basket nasce a Springfield nel 1891 grazie a James Naismith, insegnante di educazione fisica della YMCA international training school. È uno sport di squadra in cui si affrontano due formazioni di 5 giocatori ciascuna. L’obbiettivo è quello di segnare con il pallone nel canestro avversario, giocando secondo una serie di regole.Ma tralasciando le vere regole di gioco che basta imparare bisogna però necessariamente conoscere i fondamentali di gioco. Per poter vincere una partita bisogna:- saper TIRARE, per realizzare i canestri (scopo del gioco);-saper PASSARE, per costruire azioni che consentano di produrre la possibilità di tirare, con migliore probabilità di fare canestro per tutti i componenti della squadra;-saper PALLEGGIARE, per rispettare le regole che impediscono di camminare con la palla in mano, per potersi spostare sul campo controllando il pallone;-saper DIFENDERE, per tentare di ostacolare gli avversari nei loro movimenti nell’intento di realizzare il canestro.Come spiegarti cos’è l’amicizia se non hai mai fatto un assist (un assist è fare un passaggio perfetto spesso indimenticabile in cui subito dopo il tuo compagno realizza un canestro senza bisogno di alcun palleggio), se non hai mai dato la mano ad un tuo compagno per aiutarlo a rialzarsi, se non hai mai detto “non fa niente” a chi ha sbagliato il tiro.Come spiegarti cos’è la musica se non hai mai ascoltato il suono del pallone che rimbalza a terra o quello di quando tocca la rete del canestro, se non hai mai organizzato un coro per i tuoi compagni che erano in campo, se non hai mai sentito i fischi delle scarpe da basket sul parquet.Come spiegarti cos’è l’arte se non hai mai inventato un passaggio spettacolare, se non hai mai segnato nel modo più improbabile.Come spiegarti cos’è la forza di volontà se non hai mai recuperato una differenza di 20 punti dall’altra squadra, se non hai mai “stoppato” qualcuno più alto di te ( ah no scusate son il più alto dell’intero universo)Come spiegarti cos’è il tempo se non hai mai vinto una partita a 5 secondi dalla fine.Come spiegarti cos’è l’amore se non hai mai accarezzato il pallone con la punta delle dita per poi tirarlo a canestro, se non hai mai continuato a correre nonostante i dolori alle caviglie o alle ginocchia o da qualsiasi altra parte, se non hai mai stretto i denti quando non ce la facevi più.Il basket è questo e molte altre cose. In questo sport, come dice Michael Jordan “Non importa quanta energia spendi per arrivare in fondo a una partita decisiva; quello che conta è ciò che ti rimane in corpo per vincerla”.Il basket è questo. Il basket è lo sport più bello del mondo.

 

FONTI Parte iniziale sulla storia: https://williamhillnews.it/basket/storia-del-basket/9https://pcabasket.jimdofree.com/pca-la-nostra-storia/come-spiegarti-il-basket/Frase di Michael Jordan: http://www.delinquentidelpallone.it/le-10-migliori-citazioni-di-michael-jordan/

Matteo Gelmuzzi, 3’ LSA

Recensione La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. Una mattina di nebbia fitta, persa nella nebbia, staccata dai compagni, si fa la pipì addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista, spezzandosi una gamba. Lei crede che morirà assiderata, invece si salva, ma resterà zoppa e segnata per sempre.
Mattia è un bambino molto intelligente e appassionato alla matematica e ha una gemella, Michela, con problemi neurologici. A causa di Michela, Mattia si vergogna di fronte ai suoi compagni e, per questo, la prima volta che vengono invitati entrambi ad una festa di compleanno, Mattia lascia Michela nel parco, facendosi promettere di aspettarlo. In quel parco però Michela si perde per sempre.
Le vite di Alice e di Mattia si incroceranno, diventeranno amici e condivideranno le difficoltà dell’adolescenza e insieme diventeranno adulti, vicini ma distanti.
Quando Mattia parte per andare all’estero, Alice sposa Fabio rendendo infelice sia lui che se stessa perché nei suoi pensieri c’è sempre Mattia. Dopo tanti anni Alice lo cerca perché pensa di aver ritrovato Michela, ma in realtà non lo chiama solo per dirgli di Michela bensì perché aveva bisogno di lui. Nel racconto, Alice cerca di ritornare sempre ai ricordi del passato, mentre Mattia rifiuta i ricordi del passato perché gli fanno tornare i sensi di colpa per aver perso Michela.
Questo libro mi è piaciuto anche se mi aspettavo un finale diverso. Mi aspettavo che dopo tanti anni di separazione Alice e Mattia potessero stare insieme, ma avendo grossi problemi a relazionarsi non sono riusciti a superare le loro difficoltà.
Si può dire che abbiano sempre vissuto una vita parallela senza mai incontrarsi veramente, per questo il romanzo si chiama “La solitudine dei numeri primi”, perché i due protagonisti, proprio come i numeri primi, appartengono a linee rette che non possono intersecarsi tra di loro.
Il romanzo inoltre è ricco di ellissi temporali che mi hanno fatto porre diverse domande a cui non ho ancora trovato delle risposte.

Cecilia Viezzoli 3°LL

Riflessioni sulla morte

La morte è forse la più grande incognita della vita.

Da che ne si ha memoria, da che ne si ha testimonianze, l’uomo si è posto molte domande.

La paura della morte ha creato miti e leggende di cui ne abbiamo testimonianze sin dai Sumeri e gli Egizi.

Le religioni hanno creato l’aldilà, il paradiso, l’inferno fino alla reincarnazione.

Ci sono esseri umani che vivono correttamente solo per la paura di andare all’inferno, o alcuni che si redimono un attimo prima di morire, altri ancora come i kamikaze trovano la morte un grande gesto di coraggio verso il loro credo.

La morte è usata da alcuni come via di fuga dalla realtà, dai problemi o come atto di codardia… e poi ci sono i giovani.

Dopo la seconda guerra mondiale con la rinascita del benessere e della vita agiata i giovani hanno sempre sfidato la morte, dalle prime sfide in macchina negli anni 50, all’uso delle droghe negli anni 70.

Fa parte dell’essere giovani l’inconsapevolezza della morte.

Solo se per sfortuna da giovani si ha a che fare con la morte di amici o parenti stretti ci si rende conto che siamo umani e mortali.

Questa sofferenza ci insegna ad avere più rispetto e attenzione in ogni gesto quotidiano.

A volte mi capita di sentire come insulto pesante o scherzo l’affermazione: “muori”.

Avendo perso recentemente mio padre, mi piacerebbe che i miei coetanei pensassero prima di parlare… non bisognerebbe augurarla nemmeno al peggior nemico.

Amiamoci di più…. lunga vita a tutti!

Andrea Alemanno 2 LSU

Come combattere lo stress: Yoga la più antica forma di rilassamento

Lo stress ti stress? Non preoccuparti, so bene come ti senti.

Lo stress è uno dei maggiori problemi dei nostri tempi.

Non importa che tipo di vita conduciamo o che attività svolgiamo, prima o poi tutti noi ci ritroveremo a combatterlo.

 

Dal momento che spesso le cause che fanno insorgere lo stress non sono facili da modificare, possiamo solo cambiare il nostro modo di reagire, cioè combattendo lo stress efficacemente.

 

“Il problema non è il problema,il problema è il nostro modo di porsi al problema”

Cit. Jack Sparrow (film. Pirati dei Caraibi)

 

 

Numerosi studi ed esperimenti hanno dimostrato che lo yoga è uno dei modi più efficienti per combattere lo stress.

Grazie alla sua respirazione e alle posizioni che si eseguono durante la pratica, il corpo e la mente si rilassano incredibilmente e così lo stress lascia il posto ad una stupenda sensazione di tranquillità.

 

In questo articolo ti parlerò di come lo yoga può combattere lo stress e di quali sono i migliori esercizi che puoi fare ogni volta che ti senti stressato.

Sei pronto a dire addio allo stress ogni volta che si presenta?

Bene, allora buona lettura!

 

 

FASE 1: Trovati uno spazio, il TUO spazio.

Un luogo dove nessuno ti deve disturbare.

Se sei una persona calorosa ti consiglio uno spazio aperto, magari un giardino o un parco…oppure una terrazza.

Se invece sei una persona freddolosa potresti optare per un salotto, la tua camera o uno spazio chiuso.

 

Hai trovato il luogo adatto o ci stai ancora pensando?

Beh, hai tutto il tempo che vuoi, pensaci pure con calma.

 

FASE 2: Crealo tuo.

Come ho appena detto è il tuo luogo.

Cerca di renderlo ancora più accogliente.

Per rilassarti prima di tutto ti dovrai sentire a tuo agio.

Se preferisci un’atmosfera calda, apri la finestra, lascia passare i raggi del sole, ascolta i rumori della tua città.

Se è sera accendi la luce e metti qualche canzone rilassante.

 

Se invece preferisci gli ambienti più intensi, accendi qualche candela (stai attento a non bruciarti) o un incenso ed inizia a respirare e sentire dentro di te gli odori del fuoco, dell’incenso, dell’aria intorno a te.

 

 

FASE 3: Siediti o sdraiati per terra, per fare questi esercizi non ti servirà un tappetino (a meno che tu non abbia esigenze particolari).

Chiudi gli occhi, stendi le mani lungo i fianchi, comincia a toccare il pavimento.

Respira.

Lascia che l’aria ti entri dentro ai polmoni, prova a respirare con la pancia.

Buttala fuori con la bocca.

 

 

FASE 4: Quando sei pronto stendi le gambe e cerca di prenderti i piedi.

Non importa se non ci riesci, cerca di fare del tuo meglio.

 

Chiudi gli occhi e continua a respirare.

Mantieni la posizione per 10 secondi.

 

Bene, ora prova a fare la posizione del cane a testa in giù:

Questa è una posizione che allunga tutti i muscoli interessati di oggi.

Se riesci, senza staccare la mani da terra prova a fare il serpente:

 

Ti senti a tuo agio?

Siediti a gambe incrociate.

Pensi di essere pronto ad iniziare?

Perfetto! Continuiamo!

 

FASE 5: Ora cominciamo con le posizioni più efficaci per lo stress.

La prima che voglio farti fare è quella più semplice: la posizione del bambino…ne esistono due versioni e puoi fare quella che preferisci.

 

 

 

Io consiglio sempre di mettere le braccia davanti al corpo per avere una sensazione di maggior libertà, ma questa cosa è soggettiva.

 

Per continuare sdraiati a pancia in su e prenditi i piedi.

Stai facendo il “bambino felice”

Ricorda di continuare a respirare.

 

 

FASE 6: conclusione.

In media questo lavoro non dovrebbe occuparti più di 30/40 minuti.

Per concludere la seduta siediti e con i palmi rivolti verso l’alto fai 3 respiri profondi.

Come ti senti?

Ti è piaciuto?

Puoi farlo tutte le volte che vuoi, se sei alle prime armi ti consiglio di non esagerare.

Queste erano le 5 posizioni anti-stress per essere più sereni.

Spero che tu ti sia divertito, ti auguro molta pace.

Alla prossima

 

Rossato Francesca 2 LSU

 

Tema con menzione speciale nel 15° concorso letterario di Tazzinetta Benedefica Onlus

Tema di Chiara Bove  1LSU

 

Nessuno capiva come, quei due, apparentemente diversi potessero essere tanto amici. Nessuno aveva mai realmente compreso i loro sguardi, pieni e solidali, complici di qualcosa che solo loro due riuscivano a comprendere. Sembrava che facessero parte di un mondo diverso, dove regnavano le loro idee e pensieri. I loro volti sapevano di amarezza e incomprensione verso il mondo esterno, avevano un universo tutto loro, dove era impossibile farne parte. Potremmo paragonarli a delle montagne russe. Quando vuoi provare quel brivido che ti attorciglia lo stomaco per la forte velocità a cui vieni sottoposto ma hai troppa paura per salire sopra di esse. Loro erano questo per le persone, affascinanti ma troppo misteriosi per poterli conoscere meglio. Gli sguardi che ricevevano, ovunque essi andavano, cercavano di dare un nome alla loro amicizia. Però, perché bisogna sempre dare un nome a qualcosa? Che cos’erano loro due in realtà? C’è chi diceva che fossero amanti: troppo banale, c’era molto di più. Loro erano originali. Chi, invece, si convinceva che fossero delle persone troppo ambigue e diverse fra loro per essere amici, non avevano tutti i torti. La loro amicizia era un vero e proprio contrasto tra le loro personalità. Il primo, il più piccolo, aveva un tenero sorriso che avrebbe scalfito anche il cuore di un solitario mentre il secondo aveva l’espressione fredda e d’impatto indifferente: eppure ne aveva di sentimenti da rivelare.
Quei due ragazzi si erano conosciuti al liceo. È lì che cominciano le grandi amicizie no?
In verità, nessuno dei due aveva programmato un evento simile o almeno, non il più grande.
Era una giornata d’inverno e molto probabilmente, il più piccolo, avrebbe preferito rimanere nel letto a dormire. Eppure eccolo lì, che sfidava il vento, cercando di riparare il petto scoperto, il quale di solito veniva fasciato da una calda sciarpa, ma che quella mattina era rimasta a casa, per colpa della troppa fretta del più piccolo nell’uscire dall’abitazione.
Le sue scarpe, rovinate e consumate, erano, come sempre, ai suoi piedi che troneggiavano sull’asfalto bagnato dalla recente pioggia che aveva inumidito la città. Il giovane camminava veloce, sembrava volare da come si muoveva. Era leggiadro ed era intento ad arrivare il prima possibile a scuola.
Regnava un tranquillo silenzio, spezzato di tanto in tanto da qualche macchina che passava o dalla suola delle scarpe di lui. Non c’erano molte persone, la maggior parte avrebbe approfittato dello sciopero dei mezzi, restando così appisolati nei loro caldi letti. Il ragazzo respirava piano, l’aria era troppo fredda, che addirittura giungeva ai suoi polmoni ancora gelida.
Non a caso, un intenso bruciore attanagliava il corvino che cercava in tutti i modi di trovare un riparo, anche solo per un minuto. Si sarebbe ritrovato una terribile febbre se avesse continuato a camminare imperterrito senza considerare di entrare in un bar e scaldarsi un attimo. Odiava il freddo, lui era propenso all’estate e alle temperature elevate. Amava le cioccolate calde, però credeva che fosse l’unico aspetto positivo di quella fredda stagione. Eppure, se non fosse stato per quel forte vento d’inverno, non avrebbe mai conosciuto il compagno delle sue più emozionanti avventure.
Arrivava sempre in anticipo a scuola e, quel giorno, non era da meno. Quando aveva visto il cancello scolastico si era sentito decisamente più sollevato all’idea di non dover rimanere ancora a lungo fuori a congelare.
Mentre il semaforo che lo separava dall’edificio segnava il luminoso verde, aveva visto una figura accovacciata davanti al cancello che ormai rappresentava la sua vittoria personale di essere arrivato fin lì con quel tempo spacca ossa.
Non vedeva il capo del ragazzo accovacciato, ma sentiva la sua meravigliosa voce che intonava una canzone che il giovane non aveva mai sentito. Era seduto, schiena contro il muro e, l’unica caratteristica che il corvino riusciva a vedere era una zattera di capelli castano ricci.
Il ragazzo davanti a lui: era raggomitolato e rannicchiato su se stesso, come un gattino d’inverno, come il legno di una sedia a dondolo, come se si potesse permettere quel lusso di essere abbandonato, anche se lui abbandonato non era mai, era soltanto solo per poter vivere in una solitudine popolata di pensieri, perché lui era un po’ uno spaccone dell’infinito e dell’eternità e l’infinito e l’eternità forse aveva un debole per le persone come lui.
La voce del più grande sembrava macchiare in modo dolce e armonioso quel silenzio attorno a loro. Nessuno studente era ancora arrivato e il più piccolo si sentiva onorato di essere il solo ad aver udito un suono così perfetto alle sue orecchie.
La sua voce, gli aveva tolto il fiato, gli aveva strappato l’ossigeno dal petto e le gambe parevano esser diventate gelatina.
Non aveva resistito gli era andato vicino per ascoltare meglio quella che per altri era una semplice canzone con parole messe a caso per lui, era uno dei suoni più affascinati che avesse mai udito.
Riecheggiavano, le sue parole, sempre più tremolanti, sempre più disperate, come se stesse affrontando una lotta interiore. Se inizialmente sembrava accarezzare il più piccolo con gentilezza, adesso, in un forte acuto, tanto angosciante da rubargli il respiro, sembrava colpirlo al petto e distruggerlo completamente. Aveva i brividi, ma non per colpa del freddo, ma per quegli acuti tanto azzeccati quando tremolanti, che rischiavano di far crollare il corvino a terra per il dolore, tanto lo sentiva anche lui.
Il canto si concluse bloccando il respiro del ragazzo in piedi che non appena aveva sentito dei singhiozzi da parte del più grande si era avvicinato ad egli preoccupato.
Quest’ultimo, aveva alzato gli occhi e cercava di non farsi vedere in quelle condizioni da un ragazzo, addirittura più piccolo.
«Ti prenderai un malanno se resti qua fuori» la voce cristallina del più giovane riecheggiava nell’aria e un’intensa nuvoletta di vapore venne rilasciata dalla sua bocca.
Il più grande, finalmente, aveva alzato il viso rivelando i suoi tratti non troppo marcati. Aveva visto, come prima cosa, il sorriso ingenuo del ragazzo davanti a sé e gli era venuto quasi da ridere per quanto si era considerato ridicolo. Eppure non lo era affatto. Il suo sguardo, che il più piccolo aveva compreso appieno, era tutt’altro che esilarante.
I suoi occhi erano due preziose gemme color giada che rivelavano molto di più se si guardava a fondo: non voglio sentirmi solo, per favore, dammi la tua mano e salvami.
E, come se l’avesse letto nel pensiero, il corvino aveva teso il suo braccio verso la sua direzione, invitandolo non solo a rialzarsi, ma ad aggrapparsi a lui, come se fosse un’ancora di salvezza. Perché il più grande stava annegando, è vero, ma stava anche aspettando qualcuno che lo avrebbe aiutato a risalire a galla.
La loro amicizia era nata così: una giornata fredda d’inverno, delle note strimpellate nell’aria e una mano tesa, calda e soffice pronta a salvarlo.
Avevano iniziato a passare tanto tempo assieme, avevano socializzato molto lentamente per colpa della corazza del più grande che pian piano veniva scalfita dal sorriso dell’altro.
Avete presente, quell’amore spiazzante e sconvolgente che riservate solo alla vostra famiglia? Quell’affetto travolgente che, le persone, tendono a scambiare per amore carnale quando in verità è semplicemente il:” io ci sono” sussurrato.
Che tu mi veda o non mi veda, io sono sempre qui con te.
Loro erano questo, troppo per se stessi e troppo poco per il mondo.
Molte cose li aveva uniti, molte cose potevano separarli come pregiudizi o pensieri differenti eppure erano ancora lì, uniti e forti.
Era bello vedere come una semplice amicizia, agli occhi degli altri, era in realtà fiducia e aiuto. In realtà non si è mai soli nella vita, basta guardarsi attorno, ci sono persone, sole o non sole, pronte ad amare o ad essere amate. Bisogna solo fermarsi un attimo, il tempo scorre, i tuoi occhi vagano tra la folla e potrai notare che tutti hanno un proprio vissuto felice o triste.
Avere un amico è come avere una promessa intangibile, è giusto ritenere che sia difficile trovarli, eppure loro due, ci erano riusciti.
La musica, soprattutto, li aveva uniti, scrivevano canzoni ogni volta che ne avevano l’occasione. Molti si chiedevano come facessero a scrivere e produrre canzoni così stupefacenti. Il più piccolo era un abile scrittore, coglieva l’anima del più grande nel modo più innocente e puro che poteva esistere, mentre il più vecchio aveva una voce metodica ma estremamente affascinante, capace di ipnotizzare chiunque. La musica era il loro punto di incontro, era le parole che non potevano rivelare a voce, essa era la loro fonte.
Sapevo che eri tu,
la persona che mi avrebbe salvato,
da quei tristi risvolti della mia vita,
grazie di aver fatto questo per me
per avermi permesso di volare
per avermi dato le ali
per aver sostituito le mie ali spezzate
per avermi svegliato quando stavo soffocando
quando mi limitavo a vivere nei sogni
grazie, per averci reso un “noi”.
Non si sa spiegarlo bene, entrambi erano riconoscenti per la loro amicizia, erano diventati come due calamite, se si spostava uno, si spostava anche l’altro.
Amicizia è esserci quando l’altro ne ha bisogno, amicizia è confondere l’amore con essa, perché arriva quel dubbio che cresce ma che poi si affievolisce facendo capire che è solo una forte e duratura relazione che non può essere conclusa, su due piedi.
Amicizia è quel:” ci sono, non me ne vado” sussurrato all’orecchio che ci fa sentire desiderati ed amati. L’amicizia è identica all’amore, si prova lo stesso sentimento con la differenza che non si esprime carnalmente ma attraverso gesti pieni di straordinaria delicatezza. Il ragazzo corvino sapeva della situazione in casa del più grande. Sapeva delle continue provocazioni e “punizioni” del padre. Sapeva quanto avesse cercato di scappare da lì. Come diceva il castano: era il figlio che nessuno avrebbe mai voluto. Come sempre, si sbagliava. Sosteneva, il raccapricciante padre del maggiore, che fosse uno scansafatiche, che si rifugiava nella musica solo per fuggire dalle proprie responsabilità. Il castano, però, non avrebbe mai immaginato che quell’incubo sarebbe finito solo grazie al minore. Il più piccolo era stato fondamentale, anzi, potremmo dire che era la chiave che apriva un milione di occasioni.
Molto tempo prima, il castano aveva perso la madre. Non aveva nessuno dalla sua parte: solamente il suo piccolo corvino. La sua vita, prima, era un tormento, odiava tutto e tutti. Nessuno avrebbe pensato che, un semplice ragazzo, avrebbe risollevato il morale del più grande.
Per caso o per fortuna, il giovane era sempre lì, a sostenere il suo amico, nel bene o nel male. Un giorno, i due erano a casa del più grande. Nessuno sospettava che il padre del castano sarebbe tornato a casa così presto.
Quando avevano sentito la porta aprirsi e il leggero ticchettio delle chiavi, il loro respiro si era mozzato. Si girarono a guardare la porta contemporaneamente. Il più piccolo, a quei tempi, sapeva molto sulla situazione familiare del maggiore ed era preoccupato per il suo amico.
Il padre, un uomo alto e poco amichevole li stava scrutando, la sua espressione era impenetrabile. Aveva, all’inizio, il viso contratto in una smorfia, forse perché aveva trovato il figlio lì poi però, la sua bocca, si era piegata in un sorriso strafottente, come se avesse trovato il modo per demolire il buon umore del figlio.
«Beh— aveva esclamato beffardo l’uomo— vedo che mio figlio sa fare amicizie, allora. Pensavo fossi completamente inutile.»
Stava osservando il più piccolo in completo silenzio.
«Almeno è ricco? Oppure è un buon a nulla come te?» rideva di gusto mentre si avvicinava a suo figlio con fare minaccioso.
Era a pochi centimetri da lui, lo aveva fatto alzare dal divano e lo aveva preso per il colletto minacciandolo con lo sguardo.
«Non servi a niente, fai sparire questo moccioso dalla mia vista.» aveva detto secco prima di spaccargli il labbro con un forte pugno. Non aveva neanche il tempo di realizzare. Il castano, si era rannicchiato a terra mugolando parole sconnesse per il dolore improvviso. Il cuore del più giovane, nel mentre, era tremendamente tranquillo. Guardava la scena imperterrito come se non lo toccasse minimamente quando non era così. Lui non era il tipo che prende a pugni una persona, non l’avrebbe mai fatto. Sapeva che sarebbe riuscito a risolvere il tutto senza usare la violenza. In ogni caso, il suo cuore era tranquillo. Il suo cuore non era un muscolo trasgressivo, non moriva di noia se restava troppo costante, non amava l’azione, l’adrenalina di un film horror o le palpitazioni di un’accesa discussione. Al suo corpo non piaceva quando il cuore batteva a mille, quando esplodeva nel petto come i bassi di una cassa da concerto. Aveva imparato a gestire situazioni del genere. Aveva imparato a scavare nella propria guancia con la lingua per soffocare l’ansia o la paura. Aveva imparato a non manifestare i sospiri o gli ansimi troppo veloci; potremmo dire che era un ottimo attore quando serviva. Aveva preso il telefono mentre il padre stava picchiando, senza un minimo di vergogna, il figlio. Un’altra cosa che non capiva il corvino era la stupidità del padre del castano. Come poteva picchiarlo davanti a lui? Doveva essere proprio pazzo, irrazionale e tremendamente solo. Un pò come il figlio con l’unica eccezione, però, che egli aveva il corvino. Il minore aveva composto il numero della polizia e stava facendo sentire i colpi che il padre affliggeva al figlio. Si era allontanato un minimo per rivelare al poliziotto la via e lo aveva intimato di fare presto. Quando era tornato in salotto aveva incontrato gli occhi vispi del maggiore che chiedevano aiuto. Gli si era gelato il sangue a quella vista, d’altro canto il maggiore aveva smesso di ribellarsi. Ormai sapeva che nulla avrebbe fermato il padre. Si sentiva come se stesse attraversando una strada ricoperta di vetri rotti a piedi nudi, come se ogni calcio che gli affliggeva valesse un sospiro mozzato. Il più grande, però non era arrabbiato, anzi, pensava a quanto, quei mesi assieme al corvino, gli erano parsi infiniti. A quanto era grato di aver conosciuto una persona cosi soffice d’animo che lo deliziava con la sua semplice presenza. Era il suo migliore amico, il primo tra pochi; anche se non glielo aveva mai detto lo amava come ad un fratello e, non esagero, se dico che avrebbe vissuto volentieri una vita con lui e magari con la famiglia che si sarebbe creato. Così aveva sorriso perchè anche se provava tanto dolore, aveva incontrato il suo vero e primo amico.
«La smetta.— aveva sentenziato improvvisamente il più piccolo—Se non si ferma la denuncio.»
Il tempo era come se si fosse fermato. Nessuno dei due, né il padre né il figlio, si aspettavano di sentire la voce squillante del corvino.
In un primo momento, l’uomo aveva riso quasi con le lacrime agli occhi. Poi però si era scaraventato sul più piccolo che, tuttavia, non si era mosso di un millimetro.
«Tu, moccioso insolente, chi ti credi di essere?!» aveva urlato.
Subito dopo si sentirono le sirene della polizia. Il signore era sbiancato cercando di trovare un nesso per la situazione. Il corvino non si mosse consapevole di aver chiamato lui i soccorsi, aveva rivolto lo sguardo al suo migliore amico e aveva sorriso:” io ci sono, è tutto finito”.
Aveva osato tutto per salvare il suo amico come un angelo custode.
Il padre era stato arrestato per violenze domestiche dopo la testimonianza dei vicini che sentivano sempre i continui litigi fra lui e il figlio.
Il più grande, finalmente, viveva da solo, essendo maggiorenne, e riusciva a pagare le spese grazie all’eredità della madre. Tutto si era risolto, tutto grazie al suo amico.
«Posso dormire a casa tua? Non voglio stare a casa da solo» aveva chiesto il più grande mentre posava il libro nel suo piccolo zaino consumato.
Il corvino aveva alzato gli occhi, anch’ esso occupato a rivedere gli ultimi compiti scolastici. Il corvino sorrideva al castano che attendeva una risposta.
«Hai bisogno del permesso? Sei di casa, fosse per me, ti avrei già chiesto di trasferirti da noi.» concluse il tutto con un leggero risolino e un sospiro. Si era alzato e, con tutta la sua solita delicatezza, gli aveva sorriso con gli occhi che splendevano, come due gemme preziose.
«Andiamo?» chiese, porgendo l’avambraccio al castano.
«Non sono un vecchietto, non ho bisogno di stare a braccetto a qualcuno.» aveva sputato incurante il ragazzo dagli occhi color giada.
«Lo so, ma è un modo per sentirsi più vicini, non credi?»
Come deciso, erano andati a casa del corvino. Ogni volta che entravano in quella casa c’era sempre un forte odore di vaniglia che deliziava sia il maggior che il minore. Lo smog della città veniva attenuato da quel dolce profumo che inebriava i loro polmoni. La camera del più piccolo era nella media, rispettava appieno la personalità del ragazzo ed era estremamente ordinata.
«Vuoi cantare?» aveva chiesto il ragazzo al più grande, come se gli stesse dicendo che poteva essere se stesso con lui.
Passavano le ore a parlare, non si sa di cosa, era un po’ come quando dici:” abbiamo parlato del più e del meno”. Non è del tutto vero, parlavano dei loro sogni e ed è bello parlare delle proprie speranze con qualcuno che ti ascolta.
« Perché non scriviamo i nostri nomi sul muro, lasciamo la nostra impronta qui. È il nostro rifugio dopotutto» mormorava il minore prendendo un pennarello indelebile dal capiente porta penne.
«E se tua madre lo scoprisse? Su queste cose è molto rigida, lo sai» aveva osservato il castano sospirando.
«Sarà il nostro piccolo segreto, vieni su! Metti la tua firma!» il più giovane se la rideva di gusto, gli occhi brillanti e il sorriso da coniglietto.
Il castano, guardandolo così euforico, non poteva far altro che pensare a quanto fosse fortunato ad avere lui. Grazie a lui, aveva potuto vivere senza il terrore del padre e, sempre grazie a lui, era tornato a sorridere.
«Dovresti uscire con la ragazza del quarto anno! Hanno detto che ha una cotta per te, magari potrei farti da testimone al tuo matrimonio» aveva detto un attimo dopo, il minore mentre il castano scriveva il proprio nome sul muro.
«Si hai ragione— diceva il castano mentre ultimava la firma— magari lo farò» aveva sorriso verso il più piccolo pensando a quanto fosse bello essere libero dalle preoccupazioni.
Mi sento bene,
lascerò andare la tua mano ora
so che sono realmente felice mentre ti guardo
perché sto bene
mi sento bene,
non voglio più essere triste
posso vedere la luce del sole, splendere
perché sto bene,
solo grazie a te.
Anche se un giorno non sarò più me stesso
È okay, solo tu ed io siamo la mia salvezza
Non morirò mai in questo cammino
Come va? Io sto bene
Il mio cielo è pulito
Tutto il dolore è sparito: gli dico addio
Addio.
tutto grazie a te.
Pensava a tutto questo mentre lo guardava e una sola domanda alleggiava nella sua mente: “cosa aveva fatto per meritarsi quel dannato angelo custode?”Inconsapevolmente il castano si era aperto al corvino, rivelando il suo cuore ricoperto, di solito, dalla sua forte corazza. Pensava, il maggiore, che mai sarebbero potuti andare d’accordo eppure era andata diversamente dal suo pensiero. Non tutte le persone vanno d’accordo, ognuno è predisposto verso qualcun altro. Tutti pensavano che quei due non sarebbero mai potuti essere amici, eppure l’amicizia non si sceglie ma si trova. Magari in una giornata di vento quando hai il cuore un po’ più spento ma c’è qualcuno che riesce ad accenderlo solo con il suo sorriso.

concorso letterario 2019 Tazzinetta Benefica Onlus

Domenica 19 maggio si sono tenute le premiazioni del 15° concorso letterario indetto da Tazzinetta Benefica Onlus. La nostra studentessa Chiara Bove di 1 LSU è stata premiata con una menzione speciale per il suo elaborato ben articolato e originale. Congratulazioni!!!!

Nella sezione Scrittori in erba troverete il suo tema